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Old Camera

 

 

 

 

Nel pomeriggio ci godiamo la vista del sito, comodamente seduti ad un tavolino dell'hotel, all'ombra di grandi alberi, sorseggiando due birre gelate: che goduria! Aspettiamo che la luce del sole inizi a calare e verso le 19,30 inforchiamo la moto e partiamo per raggiungere la sommità del colle su cui sorge il castelloQala'at ibn Maan "Qala'at ibn Maan"
da dove, abbiamo letto, si gode un bel tramonto. Mentre arriviamo notiamo parecchi veicoli, pullman anche, parcheggiati sotto alle mura e gente che s'incammina a piedi verso la cima. Il sole sta calando rapidamente ora e, non volendo perdere lo spettacolo, proseguiamo in moto fino al castello. Non ci sono divieti e osserviamo parecchie moto e motorini fermi, quindi parcheggiamo anche noi. Dietro si ferma un'auto da cui scendono donne e bambini vestiti di bianco. I bimbi si avvicinano alla moto, vogliono toccarla. Ma a quel punto noto un uomo, in uniforme bianca, che avanza verso di noi e, senza avvicinarsi o profferire verbo, inizia a scrivere qualcosa su un foglietto: ci sta prendendo la targa! Preoccupati gli chiediamo in inglese quale sia il problema, se abbiamo infranto qualche divieto, e come mai stia scrivendo i dati solo del nostro veicolo e non quelli di tutti gli altri! L'uomo ha un atteggiamento arrogante , non vuole parlarci, anzi fa gesti insolenti, mentre è untuoso e compiacente con il proprietario dell'auto. A quel punto un gruppetto di ragazzi locali, i proprietari dei motorini, ci si avvicina e ci dice di non preoccuparci, facendo sePalmyra l'oasigno che l'uomo... non ha tutte le rotelle a posto e non potrà fare alcuna multa! Questo piccolo inconveniente ci ha fatto perdere minuti preziosi, il sole è quasi calato e la luce si colora di un caldo rosa...Finalmente ora possiamo dedicare tutta la nostra attenzione al panorama mozzafiato: da un lato si distende l'antica Tadmur, circondata dai palmeti. La luce rosea accarezza le sue colonne e i suoi resti mentre, veloce, si ritira e ancora permane sul deserto alle sue spalle. Ci arrampichiamo veloci su di una scarpata, sotto le mura del castello, volgendo lo sguardo ad ovest: il sole, ormai molto basso, tocca la cima delle colline accendendole di viola ed il castello, investito in pieno dai caldi raggi, s'infuoca d'oro rosso. E' un'emozione indescrivibile! Un ricordo che rimarrà pePalmyra notter sempre. Ripercorriamo la stessa strada per rientrare in albergo. Ora frotte di ragazzini giocano felici a pallone su un lato della strada, mentre sull'altro i più grandi si lanciano in gare di velocità e destrezza sui loro motorini. Giovani donne e ragazze passeggiano adocchiandoli e ridacchiando, mentre intere famiglie si godono il fresco, si fa per dire, della sera. Terminiamo la serata in bellezza cenando all'aperto,nel giardino dell'hotel, godendo la vista delle rovine illuminate!

 

10 luglio
Palmyra- Damasco- Jerash (km. 420 circa)
Vogliamo partire presto stamattina per evitare il gran caldo, perciò alle 7,00 facciamo colazione e mezz'ora dopo siamo già per strada. Benzina ne abbiamo, anche se rossa, avendo fatto il pieno ieri, all'arrivo. Ci sono già 35° quando ci lanciamo, felici, giù dalle colline brulle verso il deserto e
la strada n° 7 per Damascus e l'Iraq. Dio mio... fa impressione realizzare che non siamo poi così distanti dal Paese che fu culla delle più antiche civiltà e da Baghdad!
Il traffico è inesistente. La strada corre in un paesaggio desertico, che ha comunque un suo fascino. All'improvviso realizzo di avere problemi con la visiera: balla come un'indemoniata... sto per perderla! Urlo a Knut di fermarsi e lui prontamente esegue. Mi tolgo il casco e noto subito che ho perso il fermo per la visiera su un lato.Oh no! Non ci voleva io non riesco a tenere completamente aperta la visiera mentre si va, l'aria bollente mi fa mancare il respiro! Lasciamo la moto a bordo strada e iniziamo a risalire, uno su un lato e l'altro su quello opposto della via, scrutando il terreno e... botta di c...lo incredibile, dopo un centinaio di metri, Knut trova una parte del meccanismo, cambia il fermo della visiera del suo Schubert con il mio e lo ferma con un pezzettino di carta. Approfittiamo della sosta per scattare qualche istantanea e per bere, poi si riprende il percorso. Un'altra sosta la facciamo per immortalare il " Baghdad cafè"Bagdad Cafe proprio poco dopo la biforcazione per l'Iraq. Divorati altri chilometri il paesaggio si fa piatto, polveroso e notiamo, a grande distanza, innalzarsi dal deserto come dei vortici di polvere. Avvicinandoci scopriremo trattarsi di fumo prodotto da chissà quali impianti industriali. Ad una sessantina di chilometri da Damasco iniziano i lavori e siamo costretti a proseguire su polverose strade sterrate, in mezzo al polverone alzato dai mezzi pesanti. ora numerosi. Giungiamo così a Damasco, che abbiamo deciso di visitare al ritorno, e, quasi senza rendercene conto, ci troviamo imbottigliati in un traffico pazzesco, su una qualche tangenziale. Riusciamo ad uscire dal caos a fatica, anche per le continue deviazioni, prese le quali non si trovano più indicazioni, ma alla fine troviamo un cartello che dice " Jordan" e lo seguiamo!In autostrada si va veloci. Ci fermiamo all'ultima area di servizio prima del confine a fare il pieno, in Siria costa meno, e a mangiare qualcosa.
Dopo le 14,00 arriviamo in frontiera, a Dar'a, dove, in uscita dalla Siria, Knut deve litigare con uno degli addetti doganali perchè gli ha ritirato,insieme al documento d'importazione della moto, rilasciatoci all'ingresso, anche la polizza dell'assicurazione, stipulata per un mese. Questa ci servirà quando, tra una settimana, ripasseremo da qui, perciò insiste con l'addetto finchè questi capitola, e gli restituisce la ricevuta.
L'ingresso in Giordania è meno caotico di quello in Siria, ma comunque lungo e sfibrante. Le code ai vari uffici per compilare i moduli sono allucinanti. Nel primo di essi quasi sveniamo alla vista di almeno un centinaio di persone in fila, in uno stanzone dove il caldo è soffocante. Per nostra fortuna, chiedendo ad un poliziotto che parla inglese, ci indica la coda per i cittadini occidentali: solo 4, 5 persone! La nostra esile coda è presa d'assalto da qualche arabo, che cerca di impietosire l'impiegato, passandogli dei soldi nei passaporti, affinchè gli metta il timbro. Quello si irrita, urla e li fa allontanare dal poliziotto. Dopo dobbiamo passare ad un altro sportello, nello stesso stanzone, dove un uomo in divisa appone i visti. Lì la coda è un po' più lunga, una decina di persone, ma procede estremamente a rilento. Capisco il perchè quando, notando un andirivieni di persone che entrano con un mazzo di passaporti e ne escono senza, affacciandomi all'uscio dell'ufficetto noto che un altro addetto sta togliendo banconote dai documenti e li passa al collega " mettendoli sopra!" Ecco perchè noi poveri p....la siamo in coda da più di mezz'ora senza che si proceda! Mi monta la rabbia, sono stanca, accaldata e...vorrei prendere a calci qualcuno! Se Dio vuole dopo circa due ore superiamo tutti gli ostacoli e finalmente entriamo in Giordania. Siamo molto provati e, visto che sono quasi le 17,00, decidiamo di cercare da dormire nel primo paese che incontreremo.
Ci fermiamo quindi, dopo una quindicina di chilometri, a Ramitha. Accostiamo e sostiamo all'ombra di grandi alberi lungo un muro di cinta. Stiamo consultando la Lonely, per trovare un albergo, da soli 5 minuti, quando si ferma un' auto della polizia. Gli agenti sono gentili, ci chiedono se abbiamo problemi, ci dicono che comunque non possiamo sostare lì in quanto è zona militare. Rispondiamo che siamo molto stanchi e che stiamo cercando un hotel. Loro si guardano, si consultano tra loro, poi rispondono che ci accompagneranno loro nell'unico albergo. Accettiamo subito e li seguiamo. Si fermano davanti ad un anonimo edificio e se ne vanno. Parcheggiamo e la moto è subito attorniata da alcuni bambini che giocavano nella stradina. Entriamo e sembra di essere nell'androne di un condominio, con il portiere seduto ad un tavolino. Le pareti hanno tinte diverse alcune rosa intenso, altre verde brillante. Il "portiere" ci dà il benvenuto, in inglese, dicendoci di entrare. Chiediamo una camera e lui ci fa segno di seguirlo. Prende una chiave e si avvia su per tre piani di scale. Giunti in cima apre una camera: vediamo tre materassi sul pavimento e, increduli, ce ne facciamo aprire un'altra. Questa è squallida quanto la prima, però ha due letti, ma il pavimento è sporco e i letti in disordine. Guardo Knut, lui me, non c'è bisogno di parlare, ringraziamo e ce la squagliamo. Non siamo così a pezzi da rischiare di prenderci pulci o altro! Lasciamo il paesino e proseguiamo alla volta di Jerash che dista circa 35 chilometri. Raggiuntala ci perdiamo per le sue viuzze tutte su e giù e solo dopo numerosi tentativi arriviamo all'Arco di Adriano, dove ha inizio il sito archeologico. Lì la guida segnala l'Hadrian Gate Hotel che, però, ci sembra chiuso e non c'è possibilità di parcheggiare la moto. Mha! Che si fa? Optiamo per il secondo segnalato dalla guida, l'Olive Branch Resort, situato a 7 km, sulla strada in direzione di Ajloun. La strada sale verso le montagne, coperte di pini, poi, ad un bivio, si gira su una stradina che s'inoltra tra uliveti e pini e finalmente arriviamo al resort, in cima ad una collina. E' un bel posto, con molte piazzole tra gli alberi per il campeggio e aiuole fiorite. Ci assegnano una camera al pianoterreno, con giardinetto e verandina arredata con 2 sedie di plastica e un Piscina olive branchtavolinetto. Il costo con colazione è di 46JD. La prendiamo anche se non è il massimo nè come arredi nè come pulizia è comunque più che dignitosa e le lenzuola sono pulite. Mentre Knut scarica i bagagli io non resisto al desiderio di un tuffo nella piccola piscina. Mi cambio, infilo le ciabattine di plastica, esco ed entro in acqua. Ho quasi uno schock: è gelida! Ma che goduria nuotare. Non c'è nessuno intorno, il sole sta scomparendo dietro la collina, gli uccelli cinguettano e io... sono felice!

 

11 luglio
Jerash - Madaba - Mar Morto ( km. 160 circa)

Dopo una cenetta niente male e un lungo sonno ristoratore, questa mattina ci svegliamo bene. Dobbiamo attendere un po' per fare colazione poichè siamo troppo mattinieri: alle 7, 45 in sala da pranzo sono comodamente seduti a sorseggiare il loro te i membri del personale; ci vedono , ma se la prendono comoda... riusciamo a mangiare qualcosa e a partire che sono quasi le 9,00! Usciti da Jerash imbochiamo l' autostrada per Amman ma, giunti nelle sue vicinanze, complice anche una deviazione per lavori, sbagliamo e, anzichè riprenderla più avanti, ci troviamo a Salt, molto più ad ovest. Decidiamo allora di proseguire verso sud, in direzione Mar Morto, e percorsi una cinquantina di chilometri... ci troviamo la strada sbarrata da un cartello che intima l'Alt, al di là del quale alcuni soldati armati controllano i documenti di chi passa... - Sembra che siamo arrivati alla frontiera con Israele! - grido a Knut, che nel frattempo si è fermato ad una decina di metri dallo stop. Un soldato ci fa cenno di avanzare. Scendiamo dalla moto e a pieSoldato "Israel"di, con la carta stradale in mano, ci avviamo verso di lui. Gli chiediamo in inglese se al di là si sia in Israele. Lui sorride e dice di sì e ancora ci fa cenno di avanzare, al che replichiamo che non vogliamo entrare in Israele. A quel punto ci fa capire di non parlare inglese e ci invita a rivolgerci ai poliziotti, fermi qualche metro oltre la barriera, dentro un autoblindo munito di mitragliatrice sul tetto. Siamo perplessi, mostriamo la carta ripetendo " Madaba" Mount Nebo" "not Israel!" Lui sorride sempre e a gesti dice di chiedere ai poliziotti che parlano inglese. Decidiamo che io resterò insieme alla moto
dove l'abbiamo fermata e Knut andrà a piedi, con la carta, oltre la barriera per parlare ai poliziotti.
Sono preoccupata. Resto a cuocere sotto il sole delle 10,30, mentre osservo la "passeggiata" del mio compagno. Torna dopo una ventina di minuti, ridacchiando, riferendo che i poliziotti, vistolo arrivare a piedi, ma bardato con: casco munito di telecamera, abbigliamento tecnico, stivali e guanti gli hanno chiesto... dove fosse l'auto! Alla sua risposta che aveva lasciato la moto prima della barriera gli hanno detto di arrivare da loro col mezzo. Sempre perplessa e un po' in ansia salgo sul mezzo e ci avviamo, salutati da grandi sorrisi dai militari, superiamo le sbarre, ci fermiamo davanti al furgone dei poliziotti e di nuovo Knut chiede indicazioni per Madaba mostrando loro la cPolizia Giordanaarta stradale. E qui viene il bello! Due poliziotti gurdano la carta, poi uno di loro, sembra il capo, la toglie dalla borsa serbatoio, fa segno a Knut di spegnere il motore e a cenni, ma sorridendo, ci invita a salire sul loro veicolo. Ovviamente obbediamo e saliti a bordo segue una buffa pantomima ( nessuno di loro parla inglese) in cui noi ripetiamo " Madaba" e " not Israel" e loro, girando e rigirando la nostra carta, ridendo, offrendoci sigarette, rispondono " Not Israel" e uno dice" Madaba" segnandosi il petto. Finalmente comprendiamo di essere ad un check point giordano prima della frontiera, situata pochi chilometri più in là, e ci viene indicata una strada secondaria per raggiungere il Monte Nebo e Madaba. Ripartiamo accompagnati da grandi cenni di saluto e poi iniziamo a ridere, a ridere...
Poi la stradina s'inerpica su montagne ocra e marroni, riarse dal sole; di tanto in tanto scorgiamo, in mezzo a quel nulla, le tende beduine. Non si vede del verde neanche a pagarlo a peso d'oro... ma che vista impagabile! Nella leggera foschia data dal calore, lontano luccica l'azzurro del Giordano che si getta nel Mar Morto. Dopo infinite curve e tornanti, dove la nostra " bestia" si piega gioiosa, giungiamo al Monte Nebo. Breve sosta nel punto dove si dice che Mosè vide per la prima e ultima volta la terra promessa . Poi via di nuovo, verso Madaba, distante una quindicina di chilometri. Arrivati nella cittadina Mosico Madabaci dirigiamo subito verso la chiesa di San Giorgio per ammirare il famoso mosaico. Ne vale davvero la pena, è particolarissimo e rappresenta la più antica cartina della Palestina! Dopo la visita ci concediamo una breve sosta-pranzo con... la peggior pizza mai mangiata! Ma non importa, ora dobbiamo decidere se visitare gli altri monumenti e pernottare qui oppure dirigerci verso il mar Morto. Data l'ora e il caldo optiamo... for the sea!! Usciamo dalla cittadina in direzione Aqaba e cerchiamo il bivio per Hamamat Ma'in. Lo troviamo, dopo vari svarioni, solo grazie alle indicazioni di un ragazzetto che ci indica la stradina, poco più di un viottolo, che s'inoltra nella brulla campagna. Siamo un po' malfidenti, invece aveva ragione! La strada serpeggia tra le colline e, dopo una trentina di chilometri circa, si arriva al bivio per la sorgente. Ci fermiamo per decidere sul da farsi. La guida parla di una sorgente da cui l'acqua fuoriesce con una temperatura variabile tra 45° e 60°, con getti di vapore... Sono le 14,00, fa caldissimo, ci sono 43°- 44° e ... la decisione è presto presa. Ripercorriamo il paio di chilometri appena percorsi e proseguiamo in direzione Mar Morto. La ripidissima e panoramica strada scende verso il basso, in vertiginosi tornanti lungo i fianchi di tonde colline, di infiniti marroni e ocra. Giungiamo in breve al Dead Sea Panorama, un complesso con Museo, ristorante e soprattutto un belvedere che si affaccia a picco sul Mar Morto. Lo sguardo spazia sulle acque blu circondate dalle grigie colline che sfumano nella canicola e sulla sponda opposta: Israele. Ma il calore è allucinante, soffocante peDead Sea SPA Hotelrchè l'aria si è caricata di umidità, si fa fatica a respirare! Ci affrettiamo ad entrare al ristorante, dove l'aria condizionata ci raggela, ci sediamo tenendo in spalla le giacche e ordiniamo... 2 cay e una bottiglia d'acqua. Restiamo lì per un'oretta scarsa. poi ci facciamo coraggio ed usciamo nel calore da pentola a pressione, percorriamo i vialetti bordati da cactus e ginepri fino al parcheggio. Montiamo in sella e partiamo. Il vento ci asciuga un po' il sudore che scorre a ruscelli. Come fulmini ci sfiondiamo sempre più giù, nella depressione più profonda del mondo. A meno 400 metri sotto il livello del mare il termometro segna 49°!!! Come due zombie ci fermiamo davanti all'hotel prescelto dalla guida, il Dead Sea
Spa Hotel
, non lussuoso, ma un 4 stelle gradevole. Dobbiamo superare un...controllo persone con metal detector tipo quello degli aereoporti, ma ci fanno segno di passare di fianco e di entrare! La hall è enorme, luminosa, tutta marmi e... freschissima! Accompagnati da un giovane addetto che ci porta i bagagli chiediamo una camera alla reception. Il costoNegra, comprensivo di colazione, ammonta a €100. La stanza è nella palazzina centrale al quarto piano e guarda il mare. Ci stendiamo sui letti un attimo a godere un po' di fresco, ma poi la voglia di bagnarci nell'acqua più salata del mondo prende il sopravvento. così sfidiamo di nuovo il caldo e ci rechiamo in spiaggia, più terra che sabbia a dire la verità. Disseminate qua e là vi sono delle tettoie sotto le quali sono posizionate lunghe panche di legno. Knut entra subito in acqua, mentre io prima mi spalmo ben bene di fango. E' divertente cercare di stendersi nell'acqua che... non te lo permette! Si può stare comodamenteMar Morto seduti e si rimane comunque a galla! E' una strana sensazione. Dopo circa un'ora, passata la novità, ci dirigiamo alle più confortevoli sdraio e lettini a bordo piscina. Al calar del sole risaliamo in camera, facciamo la doccia, ci cambiamo, poi scendiamo a cena. Avevamo letto di un ristorante libanese, ma è chiuso perciò non ci resta che il buffet. Niente de che, con le solite masse di grassoni/e di ogni età che si buttano sul cibo, spettacolo disgustoso! Dopo una breve passeggiata, dopo cena, fino al vicino hotel Movenpick, munito di sportello bancomat, ci ritiriamo in camera a commentare le emozioni della giornata. Buona notte!

 

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